[Giorno 2 – Covid19] Quanto è comodo per la politica che decidano i medici (alcuni più medici di altri)
Chi fosse inciampato ieri, nelle lunghe giornate nostrane, nella trasmissione della sempre verde Bianca Berlinguer, si è trovato ad assistere a una scena quanto meno singolare. Da una parte il Dott. Ascierto, medico del Pascale di Napoli, un Istituto che è un’eccellenza mondiale nel campo dell’oncologia italiana e dall’altra il Prof. Galli, direttore del Sacco di Milano, virologo. Il medico napoletano, in questi tempi bui, ribadiva i risultati incoraggianti dell’utilizzo di un farmaco utilizzato per l’artrite reumatoide sui pazienti affetti dal Covid-19. E ne aveva tutti i titoli e ragioni, in quanto il Pascale era promotore di uno studio sperimentale sull’argomento, appena approvato dall’Agenzia del Farmaco.
La reazione del virologo milanese lasciava quantomeno perplessi. Invece di confrontarsi con il collega partenopeo sui risultati del lavoro effettuato, si affrettava a premettere, con atteggiamento spocchioso e stizzito, il provincialismo di certi discorsi, in quanto il farmaco in questione era già stato utilizzato dai cinesi prima e dai medici bergamaschi poi, sottintendendo che Ascierto si prendeva meriti altrui.
Non entriamo nel merito della questione, non siamo medici, anche se sarebbe lecito quanto meno chiedersi perché chi ha utilizzato il farmaco a Bergamo non ne ha pubblicizzato gli effetti incoraggianti. Ma ci preme sottolineare che l’atteggiamento di Galli tradisce una superiorità morale rispetto al collega, ed è un atteggiamento oggettivamente fastidioso. Come a dire a noi tutti: distinguiamo chi sono gli eroi da quelli che non lo sono, chi ne capisce da chi no. E soprattutto: non fatevi illusioni.
Ci sono medici più medici di altri
In effetti il virologo, prima sconosciuto ai più al di fuori del suo ambito di competenza, oggi è – insieme a Roberto Burioni – lo specialista più ascoltato di Italia. Pendiamo dalle sue labbra. E come noi, anche il nostro Governo e pure l’opposizione tutta. Galli, lo stesso che ieri sul Corriere della Sera ci diceva che l’emergenza durerà almeno tre mesi, predisponendoci psicologicamente alla reclusione a vita. Possiamo fidarci, è lui il massimo specialista. È ovunque, ospite fisso nei talk show nostrani e intervistato sui quotidiani più importanti. Grande fautore della giustezza delle misure governative, come il Governo è passato dall’ “attenzione al panico” al “ci sarà da lottare, restate a casa, siamo un esempio per il mondo, anche se la Cina è meglio”, ribadendo la demenzialità di alcune teorie come quella dell’immunità di gregge, ad oggi seguita dal governo britannico.
Ora, l’idea che emerge da tutto questo caos è che le decisioni nel nostro paese, e non solo, le stiano prendendo dei medici. “È giusto”, si dirà, “Chi più di loro può risolvere il problema?”. Del resto, questo pensiero è alla base dell’idea, un dogma per molti, che un paese, quando si trova a gestire un’emergenza, economica come medica o di qualsiasi tipo, debba essere salvato dai tecnici. Conosciamo gli esiti nefasti di una concezione come questa, che dimentica che l’orizzonte politico è quello di una considerazione dei problemi – e delle relative soluzioni – di portata generale, orizzonte che un tecnico non può avere, essendo per definizione uno specialista.
Un politico ascolta i tecnici, scegliendo la soluzione migliore rispetto agli interessi della comunità, intesi nella loro portata generale e che – come nel nostro caso – sono molteplici, in quanto toccano non solo l’ambito sanitario, ma anche quello psicologico, sociale ed economico, per tralasciare i diritti individuali e sociali oggettivamente compressi dalle scelte governative. Tale considerazione, valida di per sé, lo è ancor di più nel momento in cui le soluzioni tecniche a disposizione sono più di una.
Candidati al Nobel, meno medici di altri
Perché la scienza non è una e il Prof. Galli non ne detiene il monopolio. Solo per restare nel suo campo, la virologia, in Italia abbiamo anche un certo Prof. Giulio Tarro, due volte candidato al premio Nobel e allievo del padre del vaccino contro la poliomelite, Albert Sabin, il cui cursus honorum nella disciplina di riferimento appare quanto meno non inferiore a quello dell’esimio primario milanese, per usare un eufemismo. Ebbene Tarro, non più tardi di ieri, in un’intervista al Giornale afferma che la teoria dell’immunità di gregge ha una sua logica scientifica, supportata anche dai professori inglesi, non certo degli sprovveduti nel campo della ricerca.
Quindi, la scelta di una strada piuttosto che di un’altra, sia detto chiaro e tondo, è scelta politica. E scelta politica significa che chi la compie se ne assume le responsabilità e non può nascondersi dietro la frase di rito “l’hanno detto gli specialisti”. Anche perché gli specialisti non dicono tutti la stessa cosa. Giulio Tarro è solo il più illustre di tutta una serie di medici che da subito sono stati critici rispetto alla narrazione dominante circa il Covid19 e del panico indotto che ne è conseguito. Con una coerenza che non ritroviamo nelle dichiarazioni di chi oggi è portato in auge dai media. E non parliamo di coerenza “scientifica”, in quanto evidentemente si può cambiare idea nell’ambito di una disciplina sperimentale, quando i dati a disposizione e i fatti con cui ci si confronta mutano. Ci riferiamo ad una coerenza relativa a un piano più profondo, che fa di Giulio Tarro un uomo, prima che un medico.
Infatti, se la comunità scientifica è d’accordo su una cosa è che il Covid19 è un’emergenza sanitaria, rispetto alla cui entità siamo oggettivamente impreparati, per scarsezza di personale e di posti letto. Ma invano cercherete nelle dichiarazioni dei professoroni che ascoltiamo in Tv e che pontificano sui giornali un cenno alle cause di questa impreparazione. La cosa è presentata come un dato di fatto, quasi naturale, che non è responsabilità di nessuno. Al contrario, il Prof. Tarro ha le idee chiare in merito e, evidentemente, ritiene che sia compito di un medico esprimerle:
“Lottiamo contro una malattia che quasi nel 96% dei casi non è mortale. Il problema è il rimanente 4% che si è scatenato contemporaneamente mettendo in difficoltà anche gli ospedali della Lombardia che sono il nostro fiore all’occhiello. Ma già questi, nell’inverno 2018, a causa di un’epidemia influenzale erano già sovraccarichi. Questo grazie ai tagli alla sanità compiuti negli anni. Di questo dovrebbero rendere conto, anche secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, chi dal ’97 al 2015 ha dimezzato tutti i centri di terapia intensiva. E vedo che oggi non c’è tempestività per riparare a quegli errori. È una cosa molto seria. Mi chiedo, perché a gennaio quando abbiamo avuto le notizie dalla Cina, i francesi hanno subito raddoppiato la possibilità di avere questi centri di terapia intensiva, e noi no? Tutto questo porta poi, cosa che io non posso accettare, che si arrivi a scegliere tra un ragazzo di venti anni e uno di settanta. Noi, abbiamo insegnato la cultura a tutti e ora per i motivi detti sopra, arriviamo a ragionare così.”
Ecco. Forse adesso è chiaro perché in tv il Prof. Tarro non ci va.