De Benoist: “L’UE si sta suicidando? Non può, era già morta: la crisi le permette di vedere il proprio cadavere”
Breizh Info: Prima di tutto, cosa pensa della direzione presa del governo, che sembra davvero non sapere dove “sbattere la testa”, sin dall’inizio di questa pandemia? Michel Onfray, a tal proposito, evoca una possibile fine del regime. Lei ci crede, tenendo anche conto del fatto che il livello di gradimento di Emmanuel Macron e d’Édouard Philippe non è mai stato così alto?
Alain de Benoist: Michel Onfray ha detto, meglio di quanto possa dire io, tutto ciò che vi era da dire sulla disastrosa gestione della crisi sanitaria attuale da parte della squadra di Emmanuel Macron. Avevo già scritto, qualche anno or sono, che è nello stato di eccezione che avremmo potuto comprendere la vera statura del personaggio. Ora sappiamo quello che non è. Un uomo di stato decide, ordina, requisisce. Macron si rimette al consiglio degli esperti i quali, come d’abitudine, non sono mai d’accordo tra loro stessi. Riscopre le virtù della “sovranità nazionale ed europea”, ma solo dopo aver moltiplicato le riforme liberali, che hanno favorito la delocalizzazione e la dipendenza del paese dalle importazioni. Saluta e ringrazia coloro che si battono e che si dedicano alla crisi sanitaria, ma non si può dimenticare che prima dell’arrivo del Covid-19 si era rifiutato di ascoltare le loro rivendicazioni.
A dimostrazione dello stato pietoso dei nostri servizi sanitari, cui sono stati imposti dei miopi obiettivi di profitto, ci sono i luoghi dove se ne misura oggi lo sfilacciamento; mascherine e test che mancano, letti soppressi, personale sanitario al limite del collasso, servizi ospedalieri saturi. Si è voluto includere nella logica del mercato un settore che è per definizione fuori dal mercato. Si è sistematicamente affievolito e distrutto il servizio sanitario nazionale. Ne paghiamo il prezzo. E non è che un inizio: infatti il distanziamento sociale dovrà ancora durare settimane, se non mesi. Noi non siamo alla fine dell’inizio, né tantomeno all’inizio della fine.
Io non credo assolutamente ad una risalita di gradimento di Emmanuel Macron. In un primo momento, come avviene di norma, tutti hanno serrato i ranghi. Ma quando saremo arrivati al “giorno-dopo” e sarà arrivato il momento di fare i conti, il giudizio del popolo sarà impietoso. Se, come io credo, questa situazione apre una crisi sociale gigantesca, il movimento dei Gilets Gialli apparirà, più che mai, come una prova generale di quello che accadrà. Possiamo già adesso vedere che è proprio per le classi più popolari e per la classe media che il lockdown è più difficile da vivere.
La figura del Porf. Raoult, che sta emergendo recentemente, non le appare come un bisogno per i media, ancora una volta, di creare delle icone da offrire al popolo (da un lato, l’icona del governo, dall’altro un’icona un po’ ribelle?). Non siamo arrivati, infine, all’apice della società dello spettacolo, con questa crisi?
Alain de Benoist: Il professor Raoult è apparentemente il solo che abbia cominciato ad ottenere dei risultati in questa lotta contro l’epidemia. Invece di essergli grati, lo si presenta come un pagliaccio e come l’idolo dei complottisti! Si annunciano ora delle sperimentazioni “più approfondite” che hanno soprattutto il fine di creare una cura che verrà poi presentata come “ben migliore” della clorochina e che avrà soprattutto il vantaggio di essere molto più cara (e quindi di far guadagnare). Società dello spettacolo? Abbiamo, piuttosto, a che fare con una guerra tra ego e una querelle su un grande affare economico.
È da un mese che lei ci mostra il suo scetticismo in merito alla chiusura delle frontiere. E’ ancora scettico, nonostante la totalità degli stati abbiano preso le stesse misure?
Alain de Benoist: Io sono certamente favorevole alla chiusura e al controllo delle frontiere. Ho solo voluto dire che è tecnicamente quasi impossibile impedire a chiunque di entrare o di uscire da un paese e che una frontiera chiusa non è una frontiera sigillata. Ne è prova il fatto che il coronavirus devasta tutti i paesi, compresi quelli che furono i primi a chiudere le loro frontiere.
L’Unione europea non si sta definitivamente suicidando a causa di questa crisi senza precedenti? Sembra che l’effetto sia, d’ora in poi, “ciascuno per sé”…
Alain de Benoist: Non si è suicidata per il semplice motivo che era già morta. Uno dei meriti della crisi è stato quello di permettere a tutti di vedere il proprio cadavere. Di fronte all’epidemia, le alte cariche della Commissione europea sono apparse in uno stato di ibernamento. Ora sbloccheranno del danaro che distribuiranno con l’ “elicottero” dopo aver un po’ aumentato la stampa di moneta. Ma concretamente non ha funzionato nulla. Non è l’Europa che è venuta in soccorso dell’Italia, bensì la Cina, la Russia e Cuba. Rivincita, postuma, di Fidel Castro!
Quali conseguenze economiche lei vede all’orizzonte, nei mesi e negli anni a venire… Il fatto che non si possa più acquistare oro, che gli Stati ricomincino a stampare moneta, questo ci dovrebbe preoccupare?
Alain de Benoist: Mi aspetto una crisi economica che avrà, quantomeno, effetti equiparabili a quella del 1929. Durerà molto più a lungo dell’attuale epidemia, farà più disastri e provocherà la morte di molte persone. Se si accompagnasse a una crisi finanziaria planetaria, assisteremo a uno tsunami: crisi economica e quindi sociale, crisi finanziaria, crisi sanitaria, crisi ecologica, crisi migratoria. Pubblicai nel 2011 un libro intitolato “Sull’orlo del baratro”. A me sembra che ci siamo arrivati.
Ma bisogna aspettarsi anche delle conseguenze politiche e geopolitiche di primaria importanza. L’espandersi dell’epidemia in un paese come gli Stati Uniti, dove il sistema della sanità, organizzato chiaramente sul modello liberale, è uno dei meno performanti del mondo, è chiamato a giocare un ruolo decisivo e va seguito attentamente (l’epicentro mondiale dell’epidemia si trova ad oggi a New York). Gli Stati Uniti rischiano di uscirne molto più indeboliti della Russia e della Cina, che sono i suoi unici due rivali in questo momento. Ancora una volta, non siamo che all’inizio.
Fonte: Breizh info, 4 aprile 2020. Traduzione a cura di Ernesto Rao Limata.