Il crepuscolo della rivolta
Il raggiungimento e il soddisfacimento ad ogni costo del piacere è la molla che ancora oggi, in tempi post-moderni, determina l’agire dell’essere umano. Da quello sessuale a quello della gola, sino al godimento compiaciuto del dolce far nulla. La libido spinge gli uomini, irrazionalmente o consciamente, ad assecondare qualsiasi voglia. Ogni giorno si corre e si sgomita per il perseguimento di un momento effimero, tanto veloce quanto le evoluzioni della società che ci circonda. Si vive al ritmo incessante dei nuovi bisogni e delle mode che nascono, si consumano e muoiono. Si vive con l’ansia della ricchezza. Si compete per il superamento dei records. Si è presi dall’ossessione per gli oggetti con i quali stiamo a contatto. La reificazione dei comportamenti.
Alcuni la chiamano felicità, per altri invece si declina in un’appagante “tranquillità”; il tanto lodato quieto vivere in cui ci sembra di esser contenti per lo status quo raggiunto. Una condizione a volte piena di crepe attraverso le quali si insinua quella sensazione tutta moderna chiamata malinconia o spleen, osando darle un tocco più elegante e letterario. La più diffusa reazione contro il disagio esistenziale si sublima nelle varie forme dell’alienazione. Ed ognuno può addurre tutta la propria esperienza in merito. Alcune volte, il rifiuto della realtà circostante, l’evadere con ogni mezzo, possono portare a dei risvolti negativi come la violenza, l’uso costante di droghe e alcool oppure la sottomissione ad un qualsiasi vizio da cui si fa fatica a liberarsi. Chi è fragile, si perde per la strada. Nella maggior parte dei casi vince lo spirito di autoconservazione. Un istinto primordiale che corre di pari passo con quello della ricerca del piacere. Oggi, come nelle aziende, i rischi sono calcolati e nessuno mette a repentaglio la propria pelle per niente. Gli eroi non nascono più quando le guerre si combattono con i droni. Per i figli del tubo catodico l’importante è essere spettatori, al sicuro sul divano di casa o dietro l’anonimato della tastiera. Perché anche la tragedia è spettacolo e va filmata con il telefonino. Più si va avanti, più si esaspera questa mania di voyeurismo, di fotografare ogni istante, dato che la mente non è più in grado di conservare la memoria. Il computer sarà il surrogato del cervello umano.
Così si è ossessionati dal vivere più a lungo possibile. Si rimane terrorizzati dalle malattie. Si utilizzano prodotti estetici per autonconvincersi di non invecchiare davanti allo specchio. Diceva Franco Battiato in un’intervista ad uno spaesato Red Ronnie: «è questo il problema, che la gente dimentica. La morte arriverà, è inevitabile. È inutile che cerchiamo di esorcizzarla, quello è il momento più importante. Se durante la vita non fai delle cose che ti rapportano con la morte, hai sprecato un’esistenza». Il culto dell’immagine cela delle spelonche imbiancate.
In un mondo dove la solidarietà collettiva si spezza lasciando spazio all’individualismo più atomizzante, la massimizzazione dell’interesse personale a discapito del prossimo è considerata come il più normale dei modus vivendi. L’homo consumans si nutre della ricerca dell’utile in ogni dove. L’esaltazione della furbizia e del raggiro sono gli ulteriori corollari del sempreverde darwinismo sociale nella giungla dei tempi moderni. Homo homini lupus. Ogni giorno la dittatura dell’economico, fondata sul culto cieco del lavoro, crea una fitta rete di contingenze nelle quali si impigliano i soggetti più deboli della società. Si è schiacciati dalla necessità e dal tirare a campare. Quando si pensa, lo si fa per capire come sopravvivere. Qualcuno continua a dire che viviamo nel miglior sistema politico possibile, soprattutto perché si ha la possibilità di mandare liberamente a quel paese il Presidente della Repubblica senza essere arrestato al momento. Ma non sarà forse questo il limite e la convinzione sulla nostra idea di libertà? Tutti liberi e tutti condizionati. Ci si lamenta, ma nessuno si aggrega. Si aspetta la tempesta con la speranza di cavalcare l’onda anomala e far piazza pulita di una sovrastruttura opprimente. Si invoca la verità, ma allo stesso tempo la si teme. Quid est veritas? Questo è il problema.